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Tommaso Piccoli detto Bambinello

NORMA

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PICCOLA BIOGRAFIA

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Tommaso Piccoli, più conosciuto come Bambinello, è nato a Norma il 21/01/1924 ed è qui morto il 18/01/1995.

Manovale edile, bracciante agricolo, queste sono state le sue umilissime e faticose attività lavorative.

È sempre vissuto a Norma ciononostante è riuscito ad avere una visione ampia della vita e la continua permanenza nel piccolo centro isolato ed isolante, non è stata sufficiente a limitarlo, ponendogli quei paraocchi che restringono il campo visivo della vita umana, questo grazie alla sua fervida e mai doma fantasia.

L'aspetto più di noto di Bambinello è sicuramente quello riguardante la sua facilità di battuta, soprattutto a rima baciata infatti era classica la domanda che tutti indistintamente: uomini, donne, ragazze e bambini gli porgevano quando lo incontravano per le vie del paese: << Tomasso, dove vai con quel passo?>> e la risposta era sempre diversa sorprendendo e suscitando simpatiche risate nelle persone.

Agevolato da quella gioia di vivere, da quel suo continuo scherzare che trasmetteva contagiosamente ai suoi compaesani, sempre pronto a dare una battuta spiritosa, a colorire con toni ilari e gioiosi qualsiasi fatto gli capitasse, ( qui ci sarebbero decine e decine di aneddoti da raccontare! ), egli divenne, ed è ancora oggi così, quel personaggio che sta simpatico un po'a tutti e che si vorrebbe sempre avere vicino nelle circostanze festose.

Sono certo però, che questo è il suo aspetto più noto, ma ora voglio provare a raccontare quegli aspetti meno evidenti, che pochi conoscono, o ricordano.

Fin da bambino ha respirato la polvere del palcoscenico, in quanto suo nonno paterno fondò e diresse una compagnia teatrale nella quale Tommaso partecipò e con essa è cresciuto, sia anagraficamente, sia artisticamente.

Col trascorrere del tempo divenne il capocomico della compagnia che equivale ad esserne la trave di sostegno.

In questo periodo ebbe diverse occasioni per lanciarsi nel mondo dello spettacolo, purtroppo non seppe sfruttarle anche perché gli è mancato il sostegno dei suoi famigliari, ma soprattutto perché quelle persone che avevano la possibilità di aiutarlo non lo fecero.

Chiudere questa lunga e piacevole parentesi della sua vita, non ha certo coinciso con il chiudersi della sua verve artistica, che lo ha sempre spinto a comporre e che lo ha portato sempre ha collaborare con qualsiasi tipo d'associazione culturale che glielo ha chiesto.

È ancora ricordo di molti la collaborazione da lui prestata nel 1976 all'allora nascente gruppo teatrale.



In quella occasione dimostrò tutta la sua valenza artistica, sia come interprete delle altrui composizioni, sia come autore-attore delle proprie.

L'aspetto più consono a Bambinello,indubbiamente, è quello che lo vede impegnato come compositore ed autore di canzoni,poesie e opere teatrali, che spaziano in lungo e in largo nella fantasia umana, infatti, non è facile dire su che cosa Tommaso ha scritto, è più facile dire su cosa non lo ha fatto, ammesso che ci sia.

Tuttavia la prolificità di composizione non è stata costante nel tempo, bensì fu più intensa nei periodi che lo videro impegnato nelle attività teatrali e meno fertile in quelli che fu messo in disparte dalle associazioni culturali, periodi quest'ultimi, troppo lunghi, deludenti e discriminanti.

La gran quantità di scritti lo ha portato a denunciare, esaltare, commentare, ironizzare, schernire, avvenimenti e personaggi del nostro paese, della nostra nazione e non poche volte il suo interesse è stato rivolto a fatti di livello internazionale.

Quest'ultimo aspetto, lo ha reso antipatico ai politici e ai personaggi con le "mani in pasta" del nostro paese, ciò gli è costato un forte e tenace isolamento dalla vita culturale ufficiale di Norma..

Fino ad ora ho discusso della quantità dello scritto di Tommaso, voglio ora spendere qualche parola riguardo la qualità dello stesso.

Contrariamente a quanto di solito accade per molti altri artisti, che sono ispirati da un momento particolare della vita, come ad esempio un alba, un tramonto, un forte sentimento d'amore oppure di odio, egli è ispirato da tutto e tutti; certo, non si può asserire che qualitativamente tutte le sue opere abbiano una certa valenza artistica però più scriveva, più facilmente indovinava quel cocktail d'ingredienti che danno un qualcosa in più ad un opera e che la fanno risaltare tra le altre.

Tra tutte, a mio avviso, spicca un'opera teatrale titolata "La Norma di iterza", la quale è una novità assoluta per il teatro del nostro paese perché con le caratteristiche del musical, rievoca la vita dei nostri nonni, nelle diverse sfaccettature che, passando dal tran tran quotidiano, affrontano le miserie, le tragedie, gli amori e le passioni tipiche dell'umanità.

Voglio anche però ricordare le opere dal gusto satirico e dalla azzeccata caratterizzazione di personaggi politici e non del nostro paese.

Questo suo continuo ironizzare, scherzare, a volte schernire, i nostri rappresentanti politici, lo ha pagato molto caro, infatti, vista la difficoltà di gestione del personaggio Bambinello, egli e la sua famiglia sono stati derubati e defraudati di ogni opportunità, che l'ambito paesano poteva loro offrire, ma grazie proprio a questo, è diventato la coscienza critica del paese, che ricorda e scatena rimorsi, rancori, rimpianti, alla nostra classe politica e dirigenziale.

Voglio altresì ricordare, a chi ne ha la sensibilità e l'intelligenza, che lo scritto di Tommaso, al di là della sua valenza artistica, abbraccia quasi un secolo di storia della nostra piccola comunità, evidenziandone molti aspetti, e questo in contrapposizione ad una totale sterilità di notizie storiche su di essa, se si escludono quelle riguardanti problematiche specificatamente ecclesiastiche, "riparare il tetto della sagrestia, restaurare il Battistero…", quindi settoriali e che poco hanno a che spartire con il vissuto quotidiano del contadino, del pastore, dell'artigiano.

A sostegno ed ampliamento di questa mia asserzione, voglio proporvi un piccolo esempio, per un autore del nostro paese, "Frumale" è un luogo di sollievo e ristoro grazie alla sua ombra e all'acqua sorgiva tornando dalle lunghe passeggiate nelle campagne normesi.

Per Tommaso invece, lo stesso luogo risulta essere sinonimo di grossa fatica e di duro lavoro, perché la gente della sua estrazione sociale, la gran parte dei normiciani, qui vi si recava per dissodare, vangare e poi seminare quella terra, che mai fu molto generosa con loro.

Questo opposto e originale punto di vista da a Tommaso quella popolarità dovuta ad una forte solidarietà di comprensione e di stima morale, negata ad altri compositori che poco, o nulla, sanno delle difficoltà di vita che i nostri concittadini appartenenti alle classi di estrazione sociale "inferiori" hanno dovuto affrontare in tempi non poi tanto remoti.

A conclusione di questa breve biografia, voglio porre l'accento sull'aspetto più importante, senza del quale non si coglie a fondo la validità artistica di Tommaso, ossia è che egli aveva appena la licenza elementare quindi tutto quello che di valido si trova nelle sue opere è totalmente merito della natura, che è stata largamente benevola con lui e che niente e nessuno lo ha aiutato a conoscere quei stratagemmi che molti compositori "mestieranti" usano.

Proprio perché privo di qualsiasi "furberia" di composizione e perché appartenente al ceto sociale più basso, Bambinello risulta avere uno stile di composizione semplice e lineare, quindi molto immediato e comunicativo, del tutto esente di quei sofismi accademici che, con lo scopo di abbellire ed ornare di fronzoli un'opera, la rendono sofisticata e ricolma di versi traboccanti di alterigia e quasi sempre ipocriti.

Grazie alla semplicità, all'onestà d'animo, alle umili origini, Tommaso è diventato il
compositore della gente ed, usando un gioco di parole, si può affermare che egli è il poeta "popolano-popolare" del paese.




Amerigo Piccoli.


A TE TI SI VEDE?

La poesia narra un fatto realmente accaduto a Tommaso nei lontani anni settanta.

Dopo di un lungo giorno caratterizzato da pioggia, da forte vento, che aveva divelto molte antenne, l'autore uscì dalla casa di sua madre, per tornare alla propria, appena uscito dalla porta, lo chiamò una donna da un balcone, per chiedergli se anche lui aveva problemi con la ricezione dei canali televisivi.

Tutto ciò, nella fervida mente di Bambinello, si trasformò in una lunga serie di battute a doppio senso, che l'autore ha voluto comporre in poesia.

Per comprendere meglio l'opera, occorre spiegare che in quegli anni, i pochi canali televisivi, venivano cambiati per mezzo di pulsanti da schiacciare opportunamente, e non c'era certo il telecomando.

Nell'ultima quartina si ricorda un telefilm giallo, trasmesso allora dal secondo canale RAI, intitolato, appunto, "Nero Wolfe".




IL FATTO ACCADDE CIRCA ALLE NOVE,
D'UNA SERATACCIA, CHE SE T'AMMAZZAVANO,
SICURAMENTE NON TROVAVI LE PROVE,
CHE LO TESTIMONIAVANO!


IN QUELLA SERATACCIA,
L'UOMO USCIVA INQUIETATO,
DAL BALCONE, UNA DONNA S'AFFACCIA,
<< OH QUELLO, OH QUELLO!>> E LUI S'E' GIRATO.


<<OH QUELLO, A TE TI SI VEDE?>>,
<< COSA MI SI DEVE VEDERE, OH QUELLA?>>
SEMBRA CHE NON CI SI PO' CREDE,
MA QUESTA E' UNA VERA STORIELLA


ORA VI SPIEGO LA QUESTIONE:
<<DONNA, CREDI CHE IO SIA UN LADRO?>>,
<< MA NO! PARLO DELLA TELE VISIONE!
VOLEVO SAPE', SE TI SI VEDE IL QUADRO!>>.


LA DONNA PARLAVA TUTTA AFFANATA,
<< TI PREGO VIENI SOPRA CARO,
E ALLA TELEVISIONE DAMMI NA GUARDATA,
VEDENDO COME FAI, ANCHE IO IMPARO!>>


<< VENGO SOPRA, SPERIAMO CHE ME LA CAVO.>>
ORA IO AUTORE, COSI' LA RIMO,
<< VIENI SU', CHE LO SO CHE SEI BRAVO!>>
E LUI SALI' E GLI SCHIACCIO' IL PRIMO.


IL PRIMO FUNZIONO' QUASI PERFETTO,
SI VIDE IL QUADRO E NON ERA MALE,
E QUELL' UOMO, DA LEI PREDILETTO,
GLI FECE VEDERE IL TELEGIORNALE!




POI L'UOMO DISSE, CON VOCE TREMANTE,
<< VOI DONNE, SIETE TUTTE GOFFE!>>,
E GLI SCHIACCIO' IL SECONDO PULSANTE,
FACENDOGLI VEDERE NERO WOLFE !



Bambinello


A TE TI CORRE


Uno dei grandi problemi che affliggevano la popolazione del nostro paese era sicuramente la continua e quotidiana interruzione della fornitura d'acqua.

Per questo, non raramente, si affacciavano delle dirimpettaie di casa di quegli angusti vicoli del nostro paese per sincerarsi se l'erogazione dell'acqua non riguardasse solo la propria abitazione.

Approfittando di questa particolare e curiosa situazione, Tommaso, coglie i tempi giusti e i giusti doppi sensi, per comporre questa spassosa ed estemporanea poesia.




NA FEMMINA CHE STA A BETA' DEFRONTE,
A NA FINESTRA ANCIMA PI JU' MONTE,


S'AFFATTAVO E CHIAMAVO FORTE,
LOCO NCIMA, NDO LE STRADE SO CORTE:


<< CHI E' CHE ME CHIAMA A ST' ORE? >>
<< SO IE, VOLEVO SAPE SE A TI, TI CORE? >>


<< MA CHE VO SCHERZA', O PASSA' CHIEMPO?
OGNI MESE STU BIDONE JU JEMPO! >>.


<< MA CHE SE CAPITO? TE POZZA DA 'NGORBO 'MPIETTO!
JE VULEVO SAPE SE TI CORE JU RUIBBENETTO? >>.


ALLORA DISSE JU MARITO: << MA CHE VI DISTURBO?
VULITE SAPE SE ME CORE STU TUBBO?! >>.


MA NONE! VULEVO SAPE, SE VI CORE L'ACQUA A CASA? >>.
E SCOPPENO A NA RISATA PIENA, PASA, PASA.


<< SE SAPASESTE! NUN POZZO COCE DA MAGNA',
CHE FACCIO BULLI', SE L'ACQUA NCI STA'?! >>.






Bambinello



DEVOZIONI E USI ANTICHI


L'argomento trattato nella poesia, riguardante la vita passata della nostra comunità, espone come quest'ultima era più simile ad una sopravvivenza che non alla vita vera, infatti, molti erano le difficoltà che i nostri avi dovevano affrontare, nonostante ciò, Tommaso sostiene, costoro mai persero la fede!

Nella Norma attuale invece, malgrado vi siano molte comodità, la popolazione ha perso quel senso di fede, fatto d'usi e di caratteristiche devozioni, che davano un aspetto proprio e specifico a questa nostra comunità.



L'ANNATA, O DE 'STATE, O DE 'MMERNO,
CI CREDEMMO PIUSSA' A IU' PADRATERNO.

IE' ME RECORDO CHE DA MAMMOCCITTO,
PI I' ALLA MESSA PRIMA IU' SOTTOSCRITTO;

ALLE CINCO, CI STEVA LA PRIMI MESSA,
LA GENTE NE' CHE ERA PIU' FESSA!

IEVA PIU' GINUINA, PIU' DEVOTA,
PIU' BUNACCIA E ANCORA PIU' SOTA.

TU VIDIVI A GRUPPI, A GRUPPI,
CUNTADINI, PASTURI E TUTTI,

IEVINO 'NSIEME ALLA MESSA PRIMA,
CHII DA BALLE E CHII DA 'NCIMA.

ALLA CHIESA SERI, RITTI E ZITTI,
A MESSA FINITA, RISCEVENO RITTI, RITTI.

OGNI UNO ALLA CASA SIEIA SE NE VA',
LE CALLAROSTE, SI MITTEVINO A FA,'

PERCHE' CHELLA ERA LA CULAZIONE,
TANTA FAME E TANTA DEVOZIONE,

DULURI DI TRIPPA E PE FINISCE STE RIME,
LE SCURIE RISCEVINO PI PRIME!




Bambinello




LA RAVE VERDE IN AUTUNNO


La poesia mostra uno spaccato di vita della Norma passata, quando la sopravvivenza della popolazione si basava molto, quasi del tutto, su di un'economia contadina e i suoi derivati, nonché su i prodotti spontanei della terra.

Lo stile misto lingua e dialetto è voluto in quanto, secondo Tommaso, ciò è il naturale evolversi del dialetto che come caratteristica principe ha: "l'essere asservito alla continua e dinamica metamorfosi della società che costituisce il tessuto del paese stesso."




SPERO CHE QUESTO SCRITTO NON SI PERDE,
IN AUTUNNO, LA RAVE SCORRE VERDE,

<<PERCHE SI FA VERDE?>>, VOI MI DIRETE,
PENSATECI BENE E M'APPROVERETE,

NEL NOSTRO TERRITORIO, IN OGNI CANTONE,
CRESCONO COSELLA, CICORIA E CICORIONE,

LE COLTELLATE IN TERRA, FANNO JU FUMO,
E I NORMESI, NE' FANNO GRAN CONSUMO.

VEDI LE DONNE A SQUADRE, A SQUADRE,
E APPRESSO, VIENNO PURE L'ATRE,

VANNO A SERENA DE BOVE, A FA' L'ERBA,
POI GIRANO ALLA PEZZACA E A MALERBA.

COLLENO CICORIA, CICORIONE E ERBA PAZZA,
TROVENO CA RUVELLA E PURE CA LAZZA:
<<QUESTA E' VELENOSA, MA SEI PAZZA?>>,

<<NA' VOTA SBAIO, L'ATRA INDOVINO,
GUARDA, JU MANICUTO JU SO PINO!>>.

PIU'O MENO HANNO TUTTE LA STESSA DOSE,
TANTO LE SIGNORINE, QUANTO LE SPOSE.

QUANDO HANNO FINITO, CARO MIO!
RIEMPONO LE CASE, DI BENE DI DIO!

FINITA LA RACCOLTA DELLE CASTAGNE,
LE RACCOGLITRICI, SENZA FARE LAGNE,

FANNO LE BALLOTTE CON LE CALDAROSTE,
TUTTI I GIORNI, SENZA FARE SOSTE,

MA ANCHE SE CE BUCANO LA CORTECCIA,
OGNI CASTAGNA, E' UNA SCORREGGIA!

L'AUTUNNO E' IL TEMPO DELL'INGRASSO,
TUTTI I GIORNI, SE NE' VANNO A SPASSO,

VANNO NEI CASTAGNETI, GLI INNAMIORATI,
SUONANO E CANTANO, TUTTI BEATI.

DOPO, ARRIVANO LE FAMOSE OLIVE,
A RACCOGLIERLE, LE NORMESI, SONO DIVE.

OGNI ANNO IL PROCESSO E' LO STESSO,
ED IO AUTORE, A RIMA VE L'HO MESSO.





TOMMASO DETTO BAMBINELLO


NORMA 01/02/1980


LA RUPE STANCA


In questa poesia Tommaso immagina un dialogo tra Norma e la Rupe, che si lamenta del sempre più gravoso peso che è costretta a sopportare dopo che il paese si è ingrandito negli anni '70 a causa di un cieco e incontrollato abusivismo edilizio per questo chiede, quasi impone , a Norma di estender si verso i monti Lepini, dato che il suo limite di sopportazione è ormai al culmine .

Norma non solo ubbidisce ma ringrazia la Rupe per averla sostenuta sino ad oggi.






LA RUPE DICEVA A NORMA:<< BASTA COL PESO!
SONO STANCA PIU NON TI REGGO,
SE VUOI CHI IL TUO POPOLO RESTI ILLESO,
QUESTA E' LA FORZA CHE IO POSSEGGO.>>.


RISPONDE NORMA:<< BASTA CON STA' LAGNA
CRESCO IN UN'ALTRA DIREZIONE,
MI ESTENDO VERSO LA CAMPAGNA,
DISTRUGGENDO LA VEGETAZIONE!>>.


<<GRAZIE OH NORMA DEL TUO BEL FARE,
TRA I CIOCCHI, IL POPOLO E LE MURA,
IL PESO, NON POTEVO PIU' SOPPORTARE,
PIU CHE LA VITA MI RENDEVI DURA.>>.


<<MI ESTENDO VERSO I MONTI LEPINI,
SONO GIOVANI E C'E' GRAN FERMENTO,
ORA PUOI DORMIR SU DUE CUSCINI,
CARA RUPE, A TE UN RINGRAZIAMENTO!>>.





Bambinello


L'INFLUENZA EREDITARIA


Divertente e piacevole, la poesia descrive l'inizio della vita sessuale di una giovane normes, che chiede chiarimenti alla mamma.

Questo lungo dialogo tra madre e figlia non è esplicito, bensì e intriso di doppi sensi che rendono la poesia veramente simpatica ed ironica.





Signuri va rcconto de 'na famja
È successo a na madre e na fija
La fija fanateca e trascurata
Steva a ju lietto 'nfluenzata

Figlia:<<A mà, me fa male la capoccia,>>

Madre: "fija mie, pijetela 'nsaccoccia
perché tu risci co la minigonna
e se sa l'acqua e viento ci sfonna"

Figlia:<<E' mà, mo chiengo no raffreddore
Che ju naso me sempre corre
E mi fa male tra na cossa e natra>>

Madre: "delle vote sarà la sciateca?"


Figlia: <<A Mà non me vo proprio ntenne
è quando che ce vajo che me 'ngenne,
addio stongo proprio male!>>

Madre: "va a provà, ellio ju renale!"

Figlia: <<so provato, ma quando m'accucuio
ju renale fa comme nu cucujo
fa cucu, cucu, cucu,
sprescia, sprescia e non resce più
certe vote me da a diarea
e a ju renale ci faccio canta la sperges mea
na vota vajo duro, na vota a sfuzzo
stongo le giornate a 'ngulopuzzo>>

Madre: "va da ju medico ca te da ca cura"

Figlia: <<a mà, je comenzo ave paura>>

Madre: " 'n'ave paura, a mi pure m'ha successo
quando pareto me veneva appresso"

Figlia: << ma allora ficete come teto
tu ivi annanzi e isso arreto>>

Madre: "chisto è vangelo, mica so fiabbe
fu la prima 'nfluenza che abbe"

Figlia: <<Ma papo nun te dette gniente,>>

Madre: "Sienti che fece chijo puzzolente:
ju fatto fu di sera, no de notte,
a mì m'attocchero le casotte,
fu di marzo del quarantasette
chella vota, le botte che me dette!
La prima me la dette alla svanvera
Mi smosse tutta la gnagnera"

Figlia: <<Tireva forte chijo padre miejo?>>

Madre: "Fija mie, ricacciavo nu taccarejo!
La seconda me la dette alla groppa
Mi sbattivo 'ntera come na toppa"

Figlia: <<Ma paremo mie è tanto bravo,
t'acchiappavo e t'arrarizzavo?>>

Madre: "M'arrarizzavo! Sienti che feci,
conta e ricontavo fino a dieci"

Figlia: <<A madre mie Dio ne libbera,
ma che stete a fa la lotta libera?>>

Madre: "Je nun lo saccio spiegà bè,
isso mi diceva:<<Chisto è cara tè!>>
Chesto so trent'anni ca successo
ma ogni tanto mi sfida chijo fesso!
Ogni tanto ancima a ju ringhe,
me nfila certe siringhe!
Mannaggia la terra che ju sfoga,
ogni tanto me da la droga!
Na vota, quando vedde me s'accosta
E me feci na proposta.
Me disse co na faccia tosta:
<<Fatte mette sta supposta>>
Allora je ci feci la predica,
ma comme, senza ricetta medica?
<<Ti chieta sbrigà ca se ammalata,
chie la prognosi risevata!>>
Je ju feci contento
E mango me ne pento!
A chello che so visto,
me guariscivo quanto è vero Cristo!"


Bambinello Norma 04/01/1987







NONNO RIMPROVERA


Il titolo della poesia, già da il senso dell'opera, infatti essa è tutta imperniata sull'ipotetico rimprovero che ci farebbe un nostro avo tornando nella Norma odierna.

Il rimprovero consisterebbe nel fatto che, fregandocene dei sacrifici fatti dai nostri nonni per piantare e coltivare tutti gli uliveti del nostro paese, ora li abbiamo abbandonati lasciandone gran parte incolti.





I nonni nostri 'na raccuntevino,
a Norma, quando che trebbieveno,

purtevino i cavai all'ara,
e puro ca sumaro cu ca sumara.

La tera la lavurevino co i bovi,
ando stivi la dumà, la sera ti ritrovi,

chi nun tineva i bovi, co le raccia,
ti mittivi piano, piano, alla faccia!

Pe zappà, a mani, nu toccio di tera,
poracci! Mannaggia la galera!

Pe zappà di tera na callata,
ti ci vuleva più de na mesata!

Co la vanga, o ju picco, o ju zappone,
se ti vulivi magnà ju pappone.

Quando ju pappone si stantivisceva,
sié tu, ju stommeco, come ti canteva!

Di chij chiempi jevino proprio ricchi,
co chij cavolo di muicuni sicchi!

Ripensenno a chelle brutte ere,
se i vidivi, tinenno certe cere!

Ma ievino taiati a bona luna,
comme i ciocchi delle communa!

Hanno fatto le cese senza "sbobba",
je mi i ricordo tutti co la gobba!

I sacrifici c'hanno fatto mo i vidi,
a piantà tutti si boni luviti.

Che mo nu imo abbandunenno,
ma se rivenissero iavi "pi ju Patraterno"!

Sia a chii da monte, sia a chii da balle,
'na tripparìeno de zampate alle palle!!!



Bambinello




NORMA INGRANDISCE


In modo paradossale e divertente, Tommaso descrive la crescita edilizia, sproporzionata e senza regole, del nostro paese. Le distanze tra i vari punti del paese si sono talmente ampliate che per girare tutto il nuovo paese ci vorrebbero dei mezzi di trasporto, proprio come nelle grandi metropoli, quindi anche in quest'opera non manca il confronto tra la Norma di ieri e quella di oggi.





I nurmisi antichi ereno cuppettacci,
pasturi, paini, ereno tutti puracci.
Ammeci mo è tutto all'ariversa,
chij di voi non so chij di iterza.

Tutti con le borse in corriera,
se ne vienno quando che fa sera.
Ai antichi ci sunenno i chienti,
ammeci mo co tutti si stabilimenti!

Hanno fatto i chiocchi a palate,
tante case hanno fabbricate,
che tra la Norma nova e l'antica,
pe giralla se fa tanta fatica.

Ci vorrìa ca tassì, porco zio!
Dalla porticina, fino a pirijo,
oppure c'antica vignarolla,
da ju ributto alla vignola.

E natro mezzo, magare ca barozza,
da porta Madonna alle pozza,
macare ci vurrìa ca treno,
c'acchiappa dalle sbote a polifemo!

Se ca viecchio teta ì a iambulatorio,
nanzi c'arriva sona iaratorio!
Po, da iambulatorio alla farmacia,
puraccio, se ne cade pe la via!

Prima che se mette la supposta,
la morte già cia fatto la proposta!



Bambinello


NORMA NUOVA


A causa dell'abusivismo edilizio sviluppatosi negli anni settanta nel nostro paese, si sono formati nuovi quartieri senza alcun criterio urbanistico, ed è questo ciò che Tommaso rimprovera, non tanto ai suoi concittadini, ma all'amministrazione comunale che in questo caso è stata completamente latitante.




LA NORMA NUOVA CRESCE A OCCHIO,
LA VECCHIA ERA A FORMA DI CAVALLO,
LA NUOVA PER PAURA DEL MAL'OCCHIO
STA' CRESCENDO PRESTO, A SANGO CALLO.


IL FERRO DI CAVALLO ORMAI E' CHIUSO,
A FORZA DI CAMBIALI CON L'AVALLO,
QUALCHE NORESE CI STA' SBATTENDO IL MUSO,
E LE FATTURE LE LEVA SAN CATALLO!


IL NORMESE SPIANA COLLE E VALLE,
ALLA SVANVERA E NON LASCIA LE STRADE,
STA' FACENDO UNA COSTRUZIONE A PALLE,
E STA' MEGLIO QUELLO CHE CE L'HA QUADRATE.


FORZA NORMESI ! FATE NORMA GROSSA.
TANTO E' VANTAGGIO E VOSTRO VANTO,
QUANDO VOI ENTERETE NELLA FOSSA,
I FIGLI VOSTRI FARANNO ALTRETTANTO!



Bambinello





NORMO DOPPO LA GUERA


L'opera è un vero e proprio spaccato di vita che va dalla Norma del subito dopoguerra, fino agli 50-60.

L'autore pone l'accento soprattutto sul grave problema delle forti restritteze economiche che dovettero patire i normesi del dopoguerra, che mai però furono intaccati nelle loro qualità migliori, quali la gioia di vivere, il gusto di stare insieme, la fede e l'immensa gioia per l'ormai avvenuta fine della seconda guerra mondiale.

I tempi futuri portarono benessere economico, ma tolsero molte, quasi tutte, quel le qualità su menzionate e portarono invidia, menefreghismo, qualunquismo, ma soprattutto egoismo, scaturito dal fatto che non avendo bisogno del prossimo, non ci si pensava più.

Tommaso, conclude esortando i suoi compaesani a riscoprire quei pregi che furono il fiore all'occhiello dei loro avi..





Finisceno le tribulaziuni, ma no la fame,
finisceno i biscotti americani, munno 'nfame!
Ariecco la fame e tanta disoccupazzione,
ariecco l'erba pazza, cicoria e cicorione!

La sera pi i vicoli di Norma era festa,
la gente resceva dafori lesta, lesta,
co la fame addosso, ma la gioia a ju core
senza paura, senza scappà e senza dulore.

I tideschi 'nci stevino più e ieva miejo,
era rivenuta la paci a Normu biejo!
Ai vicoli si rideva, si discoreva di tutto,
de la paci bella e de lo passato brutto.

La fame nun si prezzeva, si canteva,
pi la cuntintezza e la gente gudeva.
I viecchi raccuntevino le vecchi storie
E i giuvini e le giuvinotte, tinevino alle martorie,
pi nun falle allocolle, pi tinesselle attorno,
pirché jeva di notte, nu ieva di giorno.

Pirché più di caccosa ieva successo,
le bomme nun scuppate e l'appresso…
sarà perché i marucchini ju ricordo lassero,
ju lassero ajecco e issi s'allacullero.
Allora la gente tineva paura di tutto,
specie di notte e si ju chiempo ieva brutto.

Ci stevino chii da marucchini vistiti,
ma ievino nurmisi, di notte ni i vidi!
Se, bene mié, risceva na femmina sulitaria,
iommini, cu chella fame, la ficevino cummissaria!
Tinenno fame a iu corpo e a chell'ara parte necessaria.
S'evino 'mparato iu vizzio de i marucchini,
se nu ju cunusci chi so, pensici ca ci 'nduvini.

I viecchi e le vecchie raccuntevino cuntienti,
e dicevino ai giuvini:<<statese acchienti!>>
po soneva mesanotte, allora jevino a nanna,
durmevino sicuri alla casa, no più alla capanna!
Che pe sei misi, da gennaro a giugno,
schiettero a jesta 'ncima, a brutto grugno.

Si sbeievino la matina e sicuri stevino,
pe i a lavurà, chii che lu tinevino,
iatri e l'atre che nun putevino attenne,
chi a ju murìo di Pippo, chi a fa le faccenne,
chi alla chiesa nova, chi alla chiesa vecchia,
a prigà ju Rifuggio, che a iardale se specchia.

Ringrazievino la Madonna e san Roccco,
pi tutti e pi tutto ju blocco:
pi chio che jeva a lavurà e pi ju 'ncredulo,
ma doppo vinero i chiempi di ju speculo.

Ariecco chii che ti vidino ju culo cu sette camise,
e chelle che cumensevino a mettese bè, sianoaccise!
Si cumenseva a magnà più de lo previsto,
stemmo attrippati e nun pensemmo a Cristo!
Né alla Madonna, Né a ju Patraterno,
era bona staggione, era finito l'immerno.

Ereno giornate sempre belle, stemmo attrippati,
si lavureva a rimette 'mpiedi i paisi bumbardati,
si cumenzenno a curompe, e a più nun videsse,
uno cu jatro, e nun jenno più alle messe.

'Nsomma, cu na parola, mi site capito,
e chist'aro raccunto è puro finito.



Bambinello




ZI PIPPO, ZI PEPPO, TI TONGO.




Tre fantomatici personaggi, che Tommaso usa per poter fare tutta una serie di battute comiche, basate sul fatto che, in lingua," ti tongo" si traduce in "ti do".





Zi Pippo, zi Peppo, Titongo,
iereno alla messa,
zi Pippo ivo alla sagrestia,
zi Peppo alla navata,
Titongo a iorgano!

Dopo iero a caccia,
vedero 'no lepre e sparero,
zi Pippo iacchiappavo alla schiena,
zi Peppo 'ncapo,
Titongo 'nculo!

Po iero pe cerasa,
azzecchero alla pianta,
zi Pippo azzeccavo fino alla ponta,
zi Peppo alla metà,
Titongo alla 'nchiacchiatura.



Bambinello



POMPA POMPA



Noi normesi protestiamo
alla giunta comunale
ci rispondono non possiamo
perche' l'acqua vi fa male

ritornello

Pompa pompa sempre pompa
l'acqua a norma non arriva
abbasso abbasso sempre sia
la nostra. giunta comunal

Due sorgenti noi abbiamo
una al monte un'atra a valle
quella a valle non vie' al monte
quella del monte non va' a valle

ritornello

Il normese ancor protesta
noi vogliamo l'acqua in casa
della giunta la gran testa
dai normesi venne invasa

ritornello

Per paura di una rivolta
quell'affare fu' conclusa
la richiesta venne accolta
tutto apposto l'affar chiusa

ritornello

E il normese s'arassegna,
se rassegna e se fa curaggio
ca bevimo 'nsanta fregna
alla festa alle tre de maggio

ritornello



L'INFIURATA (Canto alla porta...)



Finestra che di notte stai serrata
non t'apri mai, tu mi fai morire
non vedi che ti faccio l'infiorata
ma tu, bella, seguiti a dormire

per te mi faccio ladro di rose e fiori
affacciati bella mia fammi un sorriso
vedrai l'infiorata ben fatta a cuore
l'ho prese nel giardin del paradiso.

Amore quando spunta la bella aurora
io vado via lascio quest'infiorata
ti affaccierai e sentirai ancora
i battiti del mio cuore in questa strada

amore mio, mi son fatto guardiano
guardando l'infiurata che pitturai
o mia rigina! ed io saro'il sultano,
se Dio vorrai che tu mi sposerai.

Le rose foglia per foglia le aggiustai
facendo due cuori in un soltanto
se tu, mia cara, per sempre mi amerai
come t'am'io che t'amo tanto.


LA FORZA DELLA RAVE



Ste mie parole non so' balle
la rave ne reggi se no' varemmo abballe
dio ne dedicavo e ancor ne dedica
sta rave comme forte peteca
sta bave tanto riazzata
reggi la santissima annunziata,
la nostra parocchia piccolina
se vede puro abballe da Latina.

Nu 'ncima a chisto gran ravone
vedimo latina e la stazione
stu nostro grande masso enorme
reggi la gente sveglia e quella che dorme.

L'aria e' bona e non te dico ju clima
come e' biejo sta'-ne a jecco 'ncima
embe' stimo mpo' rimpizzicati
ju padre eterno ne c'e' cundannati
certo che e' forte chisto grande masso
per reggi cinquemila anime a spasso
simo proprio tanti, pozza da 'ngorbo
currendo a monte e a balle pi sto borgo
e l'estate quando vienno i turisti
dicimo alla rave;"resisti! resisti!
chiette forte, nun cadi' abballe
ca imo a sbatte a ju'funno la valle
e' tanto cattivo pe le case a picco
se cadono se spaccheno iu licco ma sarija
un'atroce rovina pi j'abbitanti della purticina."

Sta' rave e' forte e ju funno e' tanto ricco
tra' orina e sterco che cade a picco
scurenno de continuo a tutte l'ore
stu picco s'e' cagnato de culore
tra l'acoua forte che resce dai muntani
e lo scarto dei corpi normiciani
verso la cona de sant'anna
la merda t'arriva fino 'ncanna
bisogna protesta' a ju ministero
prima che a normo scoppa ju cullero.





LA TROVA O NO?



Dalla terra ecco che parte
col rovescio famoso conto
con scienza e con arte
a scoprire un nuovo mondo.

Ma l'uomo la capisce
della luna la durata
guarda: c'è! Poi sparisce
dove si sarà intanata?

Dell'astronauta la sorpresa
solca lo spazio con furore,
punta li; perla ripresa
" la luna non c'è più: che orrore!

Dove si sarà nascosta?
Nell'abisso nulla si vede,
sembra cosa fatt'apposta
non sarà l'uomo l'erede.

Ma il satellite è nostro
o è l'uomo che ci tiene?
A Dio io mi prosto
affinchè ce la mantiene

"Dietro front no, non farò!
" giammai da qui riparto;
o qui tanto aspetterò
finchè faccia il primo quarto."

Con il missile che scalcia
marcia indietro e marcia avanti
finchè vede la gran falcia
" fa festa per gl'incanti.

"Ouest'affare non è grezza
o mi sembra che s'alliscia
aspetterò che si fa mezza
così m'attocca na bella striscia."

Il carburante si esaurisce
che aspetti che non riparti?
Ma il pensiero progredisce:
"Aspetterò che fa tre quarti."

"Aspetterò che sia completa
e con l'aiuto di Dio
ho raggiunto questa meta
E ME LA PIGLIO TUTTA IO !"




LE CHIESIOLE



Ju mese de maggio eva mese santo
pe tutte le vie de norma steva ju canto
ogni sera alle nove in punta sapete
ogni vicolo e strada (se vu permettete )
na piccola chisiola coi fiuri
a cannacche: rose e fiuri, gigli, cari signuri.

Anziemi zitelle maritate e figliole
in coro canteveno le belle chiesiole
ju giuvenotto pe na mesata
canteva jissa in coro ju canto:
maggio antico era nu mese santo
canteveno le litanie e a tre preghiere
tutto ju mese per trentuno sere
co devozione a dio e alla ragazza
po' l'accumpagneveno fino alla piazza
intanto cumenzeva la confidenza
e verzo dio la riconoscenza
po co ju chiempo si ameveno davvero,
state sicuri che era amor sincero.

Se era destino e jenno benestanti
putenno addeventa'-ne puro amanti
perche' ju mondo e' stato e sara'
e segno che cosi' s'ha da marcia'
ma se s'ameveno tenevetano da ristregni
e rentro maggio strigneveno i chienti
allora jeveno da jessa alla caca
che se impeva, proprio pasa pasa,
de gente e d'amore famigliare
e nun ci steva gnefte da rifare.

A norma accusi' se jeva alla chiesa,
se spusevano e Dio j benediceva.

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